Tante
volte mi tocca e mi piace parlare dell’invisibile: ciò che non si vede, che si
nasconde, o che appena si percepisce. Infatti ho l’idea che l’invisibile sia
ciò che in qualche modo sottende e che porta la realtà, il suo vero senso, il
suo significato più profondo. Ma allo stesso tempo, soprattutto quando viaggio
e guardo dal finestrino del treno, che per altro attraversa la realtà più
reale: terre, coste, città, periferie, ponti, ecc., percepisco tutta l’ambiguità
dell’invisibilità di questa vita. Infatti mi domando dove vanno a finire le
scorie di questa realtà, siano esse organiche o inorganiche? Dove vanno a
finire tutti i frammenti umani e non che vengono in qualche modo “non ammessi”
nella realtà più evidente, quella che a nostro avviso, fa la storia. E allora,
più che guardare, mi viene da fiutare o, come direbbe qualsiasi dizionario
etimologico: da attirare l’aria con il
naso, per sentire l’odore delle cose. Sì, l’odore delle cose perché l’invisibile
non è solo spirito, anima o animus, ma anche “odore delle cose” e delle persone, aggiungo io. Allora chissà, il
pensiero e la pratica dell’invisibile, divengono più concreti: l’invisibile non
è il tema di un ritiro spirituale, ma quello della gestione di una quotidianità
che non riusciamo ad amministrare molto bene, così da generare tanti “rifiuti”
umani e non, organici e inorganici. D'altronde: fiutare, rifiutare, rifiuti,
sono tutti atteggiamenti e realtà (per quanto riguarda i rifiuti), in qualche
modo legati tra loro. Tutto consegnato tranquillamente all’invisibilità, sotterrato,
affinché, senza rumore, vada nell’oblio. Ma guarda caso, come capita per altre
problematiche del nostro vivere quotidiano, se la memoria umana è molto corta e
si dimentica o fa finta di dimenticare, quella della Terra, non è così. Perché anche
la Terra, così come l’acqua, ha memoria e ci ricorderà prima o poi che abbiamo “rifiutato
troppo” e paradossalmente: “fiutato troppo poco”. Chissà, se qualcuno ci ispirerà
qualcosa di nuovo, o chissà, forse dovremmo ricorrere all’ancestrale dea del
Panteon Azteca (guarda caso il femminile del divino, che di rifiuto se ne
intende) dal nome Tlaelcuani (la comedora
de inmundicias), colei che si fa carico delle immondizie e della “discarica”
… (Fotografia Flicker-Photo Sharing)
giovedì 3 aprile 2014
venerdì 28 marzo 2014
GUARDANDO LA REALTA': ODE ALLA DIFFERENZA
L'equilibrio
non è perfezione e tanto meno esclusione di qualcosa che potremmo considerare “ingombrante”.
Non è nemmeno essere bravi a camminare su un filo in isolata solitudine, quasi
sospesi, per non toccare mai lo spazio circostante e ancor meno caderci dentro.
Chissà, forse è concentrazione di opposti; accumulo di energie diverse;
proprietà differenti, per scampare, da quella che gli scienziati chiamano; “morte
termica dell’Uni-verso” che, personalmente preferisco pensare “Multi-verso”. L’equilibrio,
dunque, chiedendo scusa a coloro che sanno dare una ragionevole e matematica spiegazione ,
non esiste, se non come partecipazione di alchemici pezzi, o di differenti
persone o ancora: di infinite creatività. Ogni realtà, repressa, eliminata o
esclusa, non è la fine di quella precisa realtà, ma è, appunto, la morte
energetica del “Multi-verso”. (la fotografia è di B. Zoppi)
martedì 25 marzo 2014
DOPO AVER PROVATO A GUARDARE INSIEME
A San Pancrazio, nella comunità di accoglienza gestita da suor Rita e Vittoria, lo scorso fine settimana, come avevo annunciato sul mio Blog, grazie all'associazione interculturale ANTERLUX, abbiamo infranto le leggi classiche che regolano la storia in un laboratorio creato tra pensiero esperienziale filo-teologico, arte della fotografia e del teatro. Insieme a me hanno lavorato Simone Stanislai, fotografo professionale catturato da sempre dall'archeologia della vita, che ci ha proposto l’arte del guardare e del vedere attraverso l’obbiettivo fotografico. Luca Maugeri, attore di teatro che, attraverso le pratiche dello sguardo, ci ha insegnato a non perdere nulla dei movimenti inaspettati della realtà, fatta di persone e di cose. Personalmente voglio ringraziare Simone e Luca per come sono entrati in sintonia con le anarchiche coordinate del mio pensiero. Ma soprattutto dico grazie ai e alle partecipanti, che tra domande, stupori, sguardi e riflessioni, hanno sospinto questa ricerca che, speriamo, si possa continuare. Un grazie particolare a Ersilia Ferrini e Franca Diana. (il quadro è di Stefano Busonero: www.busonero.it)
lunedì 24 marzo 2014
IL SANGUE DIVENTA RUGIADA:IN MEMORIA DI
“E venne la notte con molti de’ suoi
membri. Questa è la notte de’ tiepidi e de’ falsi fratelli i quali per non
essere conosciuti vanno di notte …” (Girolamo Savonarola)
Allora questa sera
non è solo una serata di ricordo e, magari, il nostro essere convocati attorno ad un
altare, non è un semplice rito, ma un gesto di partecipazione politica e di
impegno ancora in atto, il memoriale di quel sogno-divino umano a cui vorremmo
partecipare. E’ per questo che voglio ricordare un breve pensiero di Marianela
Garcìa: La mia storia è parte della storia di tutto un popolo; posso essere un
testimone, ma non un personaggio; il mio non è un caso unico, singolare fuori
dal comune; quello che è successo a me è successo a migliaia e migliaia di
uomini e donne in tutto il Paese. Il mio è un caso comune. Certo, ci sono le
particolarità e di ogni vita, incidentalmente si possono aver vissuto momenti
peculiari e diversi, ma la sostanza è quella di un cammino che si confonde con
quello di tutti…” .
Oscar Romero,
Marianela Garcìa, sua collaboratrice e ispiratrice, non sono annoverati tra gli
eroi, come nessuno di noi vorrebbe essere annoverato tra gli eroi, ma tra i
pieni di desiderio, quelli che nelle scritture si chiamano EBIONIM, quelli che
nonostante tutto sostengono la storia, immaginandosela diversa e trovando i
gesti giusti per renderla tale. Allora ciò che celebriamo questa sera è più
simile a quel memoriale celebrato
puntualmente da chi non vuol venir meno a questo desiderio, e forse noi,
questa sera, se qualcuno ci chiedesse: “che
significa questo?” come nel rituale ebraico, dovremmo rispondere: è la Pasqua , il desiderio della liberazione, il desiderio
delle relazioni nuove tra tutti noi, il desiderio perché uomini e donne
imparino a vivere nella giustizia, con le loro identità, le loro creatività. E’
il desiderio perché non si spendano più soldi per gli armamenti e perché le
persone non si armino più, è il desiderio perché non esistano più le mafie né
politiche né religiose, dei falsi e dei
tiepidi che si nascondono –per usare ancora le parole di Girolamo
Savonarola -; è la ricerca e lo sforzo di chi vuole imparare a vivere in un
altro modo, di chi non vuole che la terra serva per vivere solo a pochi e venga
sfruttata come fosse un oggetto in più in un mercato orami senza senso.
E ricordare Oscar
Romero, Marianela Garcìa, significa questo: restare desti, non prendere sonno
non smettere di desiderare e di creare. Mangiare ancora quello stesso pane e
bere a quello stesso calice, che quella mattina del 24 marzo dell’80, rimase
come sospeso nell’aria e nel tempo, quasi per uscire da quelle solite
coordinate dell’umano, perché non si pensi che le cose che accadono in altri
paesi del mondo non ci riguardano, o perché si pensi che quel tempo è cronologicamente
lontano e il nostro è un altro, è più pacifico, più giusto.
E se così fosse,
allora io mi domando: perché questa tranquillità riguarda poche persone? Perché
invece di lasciarci ispirare dalla vita, è il denaro a dettare le leggi
dell’umanità e del cosmo? Il denaro, le banche, le leggi della finanza. Come
mai qualcuno alza ancora le armi contro i suoi simili? Come mai l’umanità è
ancora capace di saccheggiare il suo habitat? Come mai ci saccheggiamo tra di
noi? Come mai, il lupo non dimora ancora con l’agnello e la pantera non si
sdraia accanto al capretto, e il vitello e il leoncello non pascolano insieme
–parafrasando il testo di Isaia 11-. Come mai? Come mai l’uomo si crede ancora
superiore alla donna? Come mai una razza, una cultura, una religione, pensano
ancora di essere le uniche, le più onorabili, le più vere?
Io
non ho la risposta, o forse la mia non sarebbe sufficiente, ma dico, con il
Savonarola, che anche noi siamo troppo tiepidi, che anche noi molte volte ci
muoviamo ancora con la logica della notte.
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