lunedì 3 marzo 2014

ANCORA RUMORI DI GUERRA

Il quotidiano, questo termine che si identificava con gli spazi privati, con la vita di singoli individui, nelle mura domestiche o negli ambiti del "proprio" lavoro. Ma oggi è urgente far diventare il quotidiano, anche un tempo e uno spazio pubblico. Perché quotidiane sono le  ingiustizie degli affari mal gestiti (le banche); dei poteri simbolici di classi frustrate, diventati reali (le mafie); quotidiane sono le menzogne e quotidiani sono i giochi di mercato diventati guerre, quasi sempre sui suoli degli altri e con i corpi degli altri (vedi guerre e guerriglie in Africa o la violenza sul corpo delle donne). O forse sarà proprio perché il quotidiano continuiamo a tenerlo lontano dal pubblico e viceversa. Forse sarà per questa cronica schizofrenia, di una storia frantumata tra un vivere pubblico e un altro vivere privato, come se l'uno potesse supplire, o meglio, coprire l'altro. Come se le guerre dunque non fossero logiche coltivate nel vivere quotidiano, nelle scelte dove l'ego prende tutto per s'è e diviene il "centro". Un giorno gli Stati Uniti, un altro i paesi della vecchia Europa Colonialista; un altro ancora la Russia, ecc. ecc. Ancora rumori di guerra coltivati in ogni spazio, anche in quello quotidiano.

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